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MacOS: installare un programma

Magari per qualcuno questo articolo non dirà nulla, anzi sarà useless al 100%. Ma effettivamente quando sei un informatico dai per scontate alcune cose, di fatto banali per me, complicate per altri.

Come si installa un programma in MacOS? questa è una domanda non tanto banale, specie per chi arriva da Windows ed approda sul sistema della mela morsicata.

A grandi linee ci sono tre modi, uno è utilizzare l’App Store, ben in evidenza anche sulle installazioni nuove. In basso sulla barra delle applicazioni, l’icona con la “A” su sfondo blu ci permette di accedere allo store. In modo del tutto identico a quanto accade sugli smartphone, ci permette di visionare i programmi, comprarli se a pagamento, o installarli direttamente se gratuiti.

Non sto quindi a spiegare come funziona il negozio delle app, che è davvero intuitivo. Tuttavia c’è un problema non da poco. In questo Store non è presente tutto il software disponibile per MacOS. Anzi si può dire che proprio la parte gratuita è quella che presenta la maggioranza delle mancanze. Il motivo è presto spiegato, Apple chiede di pagare per poter mostrare la propria applicazione nello store, anche quando questa è gratuita.

Quindi esistono metodi alternativi. Uno, homebrew, l’ho spiegato passo passo in questa guida, ma si tratta di un sistema che propone software molto specifico, per programmatori o sistemisti, quindi lo cito solo per scopo didattico.

L’altra che andremo a spiegare in questo articolo è più “Windows friendly“. Infatti come accade per quasi la totalità dei programmi in ambiente Microsoft, possiamo direttamente scaricare dal web, tipicamente da chi quel software lo ha prodotto, il programma da installare.

Qui però arriva la prima grande differenza. I programmi che vanno installati, con un processo di installazione, sono davvero pochi. Infatti MacOS utilizza un formato che è il DMG, che sostanzialmente è una immagine disco. In pratica è un formato simile a quello ISO usato per le immagini dei CD o DVD ROM.

Quando scarichiamo un file in formato DMG, al doppio click succede che l’immagine viene letteralmente caricata come se stessimo connettendo un disco esterno, ed in effetti lo vediamo caricato nel Finder (l’esplora risorse del Mac) proprio come tale.

Al termine del caricamento, che dipende dalla dimensione del file e dalla velocità della macchina, si apre sempre una finestra dove sono presenti almeno due icone. Una relativa al programma e l’altra altro non è che una scorciatoia alla nostra cartella “Applications“.

L’icona del programma, che avrà una estensione “.app” è il programma vero e proprio. Di fatto possiamo già farci doppio click e provare ad avviarlo, al 99% in effetti funzionerà. Ma il programma in questione non risulterebbe “installato”.

L’installazione sul MacOS è strana, se la vediamo da utenti Windows. Basta infatti trascinare l’icona del programma dentro la scorciatoia delle Applications. Quello che succede è proprio una copia di un file da questo disco virtuale alla cartella fisica delle applicazioni. Si potrebbe altresì trascinare quel file nel Finder, sulla cartella applicazioni, ma per l’appunto la scorciatoia è li proprio per non farci perdere tempo.

Una volta copiato il file questo sarà presente nel sistema come un programma installato. Lo vedremo nella sezioni “Applicazioni” del Finder, nel “LaunchPad” della barra applicazioni, e lo potremo richiamare da spotlight (tasto Command ⌘ + spazio) digitando il nome del programma o parte di esso.

Come anticipato prima, il file DMG di fatto è caricato come un disco esterno. Una volta copiato il file questo non ci serve più, quindi dal Finder lo potremo espellere.

Succede poi che nella vita di un programma, specie moderno, gli aggiornamenti siano una naturale evoluzione. Se non è presente un sistema di auto-aggiornamento, probabile che veniamo invitati a scaricare nuovamente il file DMG. A questo punto ripetendo l’operazione fino a qui spiegata succede un altra stranezza per i “windowsiani“. Il programma chiede se dobbiamo sostituire quello già presente nel sistema o installarlo come versione “affiancata“.

Al 99% andremo a sostituire, ma potrebbero esserci dei casi per cui il programma nuovo non sia compatibile con l’hardware o la versione di Mac installata, oppure semplicemente alcune cose non funzionino o siano mancanti rispetto a quella precedente. Qui abbiamo la possibilità di avere sia il programma vecchio che quello nuovo.

La disinstallazione, come forse avrete intuito, è in qualche modo speculare all’installazione. Se prima avevamo copiato il programma, ora sarà sufficiente cancellarlo (tasto command ⌘ + backspace). Questo finisce nel cestino, come un comune file, e contestualmente scompare dai programmi installati.

Chi è un po’ più tecnico avrò colto che l’impatto dei programmi su MacOS non abbiano le stesse conseguenze che abbiamo in Windows, dove spesso sono richiesti driver e DLL che accedono e interagiscono direttamente con il cuore del sistema. In soldoni è più facile che un programma in Windows andando in blocco si tiri dietro una concatenazione di eventi che possono bloccare il sistema operativo stesso. Su MacOS invece è molto più improbabile. Il programma tenderà a bloccarsi o a non funzionare per conto suo, mentre il sistema operativo e gli altri programmi continueranno ad operare normalmente.

In conclusione, per chi è molto “vecchio”, si ricorderà ai tempi del Windows 3.1 e parte di Windows 95 che i file .exe erano nella pratica simili ai file .app, cioè avviare il file significava avviare il programma. Solo successivamente si sono introdotti gli installer. Quindi come si può vedere da questa piccola spiegazione, installare un programma sul MacOS è più semplice che farlo in Windows, e altrettanto lo è la sua disinstallazione.

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